13 dicembre 2006

Il ruolo della memoria


Rompo il mutismo da scribacchino scioperante che mi sono autoimposto, per ricordare ma più che altro per riflettere. Ieri correva l'ennesimo anniversario della strage di Piazza Fontana. 12 Dicembre 1969. Inutile spendere parole sulle stragi Italiche senza colpevoli o con colpevoli di comodo. Troppo tempo è passato, troppi depistaggi, troppe falsità, i soliti ingredienti del fritto misto tricolore. Meglio ricordare le vittime ed evidenziare le manifestazioni tenutesi ieri. Come ha gridato Bertinotti dal palco bisogna tenere vivo l'impegno a proseguire la battaglia per la verità.

A questo punto, parlando di verità e memoria, mi torna alla mente la mia polemica contro certi revisionismi, certi tentativi di raccontare nuove sconvolgenti verità della storia, magari con libri di successo sulla resistenza, o con dibattiti televisivi ad uso e consumo di politicanti desiderosi di comparsate serali. Il discorso è ampio ma anche Piazza Fontana ne viene toccata.

La memoria rimane salda, così per la Resistenza, come per le stragi e i totalitarismi di vario colore, ma con il passare degli anni il filo della memoria è sempre più sottile e la responsabilità e l'importanza del lavoro di storici o sedicenti tali, politici e giornalisti nel raccontare la storia del nostro paese, senza volerla manipolare per accomodarla a verità di parte, assume sempre più rilevante importanza. I giovani soprattutto, già distratti da una società perversa, hanno bisogno di "ascoltare" e non di "sentire". Quindi chi tenta di raccontare verità parziali dimostrando che in fondo, i buoni e i cattivi stanno ovunque, e xche tutto può trovare giustificazione, rischiano di creare ina generazione di confusi. Non raccontate ovvietà che portino a fare di tutta l'erba un fascio, ma spiegate le cause e gli effetti della Storia, in modo che quando la memoria diretta si sarà persa, certi errori non abbiano a ripetersi.

Mi spiace a tal proposito notare che di questi tentativi se ne osservano ogni giorno. Ieri ho letto su un quotidiano uno scritto di un noto giornalista riccioluto, dichiaratamente di destra, che spiegava, ergendosi a imparziale illuminatore dei cuori di chi non sa, come il defunto Pinochet abbia commesso certamente dei crimini, ma che in fondo gli va riconosciuto il merito di aver risollevato un paese messo in ginocchio dalla politica disastrosa di Allende. Secondo questo giornalista per il Cile la scelta era tra terroristi di ispirazione Comunista e dittatori destorsi compiacenti agli USA. Dalla padella alla brace e, dal tono dell'articolo la sua scelta ricadeva probabilmente su questi ultimi, in stile Pinochet che, a suo avviso, erano "cattivoni" non più dei Comunisti e tiranni dittatori quanto gli altri ma almeno risapevano risanare l'economia. Incredibile! Il classico tipo di articoli di cui parlavo in precedenza. Una persona che legge distratta e inconsapevole quelle righe magari alla fine della lettura commenta "ma si, in fondo sono tutti uguali...chissà anche questo Allende cosa non ha combinato" tornando poi a godersi una sana puntata del Grande Fratello. Non aggiungo altro. Rimanendo sull'articolo un altro merito di Pinochet, secondo sempre questo giornalista che preferisco non citare, sta nel aver indetto democratiche elezioni che lo misero fuori gioco. Questo dimostrerebbe una statura morale e un senso dello Stato che altri (Castro?) non hanno mai dimostrato. Però che bel gesto il Pinoschiattato, un vero signore.

Ecco, questi articoli cosi come i libri e i dibattiti, che dicano verità o menzogne, che girino frittate come provetti cuochi, oppure no, esprimono comunque conseguenze importanti e rischiose. Imbrigliano la gente che non conosce i fatti in polemiche sterili che hanno come unica conclusione la crescita di un bel fascio che comprende tutto e tutti, come un gran mnestrone in cui tutto è confuso e grigio. Senza approfondimenti e senza rendere omaggio alla memoria della storia.

Non abbiamo poi da meravigliarci, e torno a Piazza Fontana, che molti dei giovani che hanno manifestato ieri, siano confusi sui protagonisti di quei giorni, e pensino, come rileva un sondaggio eseguito a caldo, che a mettere la bomba siano stare le Br o gli alieni.

Almeno hanno manifestato....

alla prossima

14 commenti:

Anonimo ha detto...

Un bel post sul filo della Memoria.

E' stato molto bello il discorso "ufficiale" di Bertinotti, la più alta carica dello Stato che abbia mai presieduto la commemorazione ufficiale annuale ed è altrettanto bello il contenuto del tuo post che fa riferimento proprio alla Memoria.

L'Italia, a quei tempi e ancor oggi molto simile al Cile nelle dinamiche sociali, era vessata da strane manovre per indirizzare le politiche nazionali a vantaggio di certe oligarchie e poteri occulti nazionali ed esteri: così è stato anche in Cile e colà la Storia ha mostrato le più terribili ed estreme conseguenze.

Ma guarda bene quello che accade ancora oggi in Italia.

C'è un Governo di Centro Sinistra che vorrebbe affermare quella "legalità" ed "equità", ignorata dai precedenti governi delle destre, nella convivenza civile e nei rapporti economici.

Dall'altra parte c'è la destra che fa leva sui particolarismi e sulla populistica manipolazione delle masse per tutelare i lucrosi interessi di una marginale parte della società.

La destra organizza manifestazioni con signore impellicciate, bottegai ignoranti e socialmente pericolosi nella propria visione solipsistica dei rapporti economici con lo Stato, coatti fascistoidi anch'essi proletari facilmente manovrabili, ominicchi chiusi nelle loro bacheche di privilegi corporativistici, plebe incattivita in lotta permanente tra poveri ben orchestrata con infamia e piccoli gruppi di interesse che protestano per stupidaggini di circostanza.

E cosa accadeva tra il 1970 e il 1973 in Cile?

Un Presidente eletto, Salvador Allende, con una maggioranza relativa risicatissima e con la nomina vincolata alla conferma di un Parlamento che ha anche subito pressioni della solita potenza straniera per indirizzare l'elezione diversamente.

E poi, una Democrazia Cristiana che conferma in Parlamento l'elezione di Allende almeno per la dignitosa affermazione dell'autodeterminazione cilena, con un minimo senso di giustizia e coerenza.

Allende non era un rivoluzionario, come non è Prodi con le dovute distanze che ci possono essere fra un Eroe e un uomo politico medio: il quadro si conclude con un Presidente debole, con una maggioranza altrettanto debole, che avrebbe soltanto potuto, se fosse andato tutto bene, limitarsi a far rispettare la legalità.

Sì è vero, Allende avrebbe compiuto un processo politico comunque straordinario se solo avesse ristabilito quei minimi requisiti di Giustizia, Equità e Solidarietà Sociale che dovrebbero essere presupposti di una qualunque Democrazia moderna.

E così è per Prodi: è triste ammetterlo ma, anche qui in Italia a 35 anni dagli anni '70 cileni, almeno Noi di Sinistra siamo costretti ad essere soddisfatti se un Governo è a malapena in grado di far rispettare le Leggi che già ci sono.

Ma rivendicare semplicemente queste piccole parzialità, comunque essenziali in una Democrazia, è inaccettabile da parte delle destre, neppure troppo "estremiste".

Allora Pianista, è scandaloso se, a questo punto, posso affermare che è proprio quell'etica politica delle signore e dei signori "bene", visti nelle manifestazioni destrorse, la forza motrice e la causa prima delle più infami bestialità della Storia contro gli interessi delle masse?

E questo è proprio quel "Pinochettismo" che non trae forza e legittimazione tra i saluti romani, le rune e le croci celtiche ma s'impingua proprio tra le pellicce, le giacche, le cravatte e i doppio petto.

L'Italia non è ancora diversa dal Cile dell'Unidad Popular di Allende.

Infine, sarei molto interessato ad ascoltare, se lo vorrai, le tue riflessioni di questi ultimi giorni per trovare ulteriori preziosi motivi di riflessione personale.

Anonimo ha detto...

Storiografia ufficiale, che però può omettere parti scomode.

Revisionisti, che usano pezzi di storia come clava contro gli avversari politici.

Negazionisti, che per loro tornaconto negano tragedie immani.

Ecco perchè amo la storia antica.

Compagno di pranzi e cene ha detto...

La storia è scritta dai vincitori, ma viene studiata da imparziali e dovrebbe essere spiegata a scuola da imparziali. Il primo approccio con la storia per una ragazzo è nelle mani di un professore. E' lui che deve saper indirizzare il ragazzo a leggere "tra le righe" la storia.
A me piace la storia più moderna (dalla rivoluzione francese ad oggi diciamo) proprio per questo. Ogni fatto, anche quello che potrebbe sembrare insignificante, potrebbe aver dietro di se risvolti diversi che bisogna andare a cogliere.
Su piazza Fontana...fa comodo non aver trovato un colpevole certo, così da una parte si può accusare la parte opposta.

Johnny ha detto...

L'importante è non dimenticare e non far dimenticare cosa che ultimamente va di moda, non spiegherei altrimenti tutti questi giovani che amano il ventennio come se fosse stata una bella cosa.

Anonimo ha detto...

Soyuz ha ragione.

Il Pianista ha detto...

tornando per un attimo alla vicenda Pinochet, mi torna alla mente un episodio sportivo legato alla mia passione tennistica e al grande A...driaaaano Panatta che insieme a Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli tornarono dal Cile con la Coppa Davis

Era il 1976, Panatta trascinò l'italia alla vittoria, la prima e l'ultima, della coppa Davis, la finale si giocò a Santiago del Cile. Quel viaggio in Cile fu travagliatissimo, molti lo ritenevano inopportuno, nel paese governato dal dittatore Pinochet.
Nei primi singolari Corrado Barazzutti, "il barabba" sconfisse l'idolo di casa, Fillol, poi Panatta annichilì Cornejo. Poi il giorno dopo toccava al mitico doppio Panatta-Bertolucci.
Bene, qui Panatta pensò di fare uno sgarbo a Pinochet presentandosi in campo con una maglietta rossa. Bertolucci lo seguì. I due vinsero regalando a Pinochet un gigantesco mascellone.

Anonimo ha detto...

Non conoscevo l'aneddoto tennistico e ho girato un po' in internet per saperne di più.

Il risultato fu che l'Italia arrivò in finale, meritandola, e il Cile indegnamente arrivò in finale perchè le nazioni incontrate, rifiutandosi di giocare contro la squadra di Pinochet, persero a tavolino, con la cieca federazione tennistica internazionale che si rifiutò di escludere a priori il Cile dalla competizione.

La finale è andata come è logico dovesse andare contro una squadra tecnicamente indegna.

Ma se l'Italia non si fosse presentata in finale avversa al Cile dell'indegno Pinochet, come le altre nazionali nei turni precedenti, si perdeva a tavolino una partita ma si salvava la faccia davanti al mondo.

Compagno di pranzi e cene ha detto...

Invece secondo me è stata una grande mossa presentarsi e annichilire gli avversari. Anche così si combatte certa feccia...

Johnny ha detto...

Grande gesto, non lo conoscevo. un ottimo modo di dire la propria

Anonimo ha detto...

Mmmhhh il Compagno di Merende ha certamente ragione sugli effetti del gesto.

Ma così l'unica Coppa Davis italiana appare davvero figlia di un dio minore.

Anonimo ha detto...

A questo punto non saprei, a posteriori, se sarebbe stato meglio non incontrare il Cile, come hanno fatto tutti gli altri contro le miopi posizioni della federazione internazionale, oppure aver annichilito una squadra scarsa, evitando di consegnare la Coppa nelle mani del tiranno sanguinario.

Anonimo ha detto...

avevo 16 anni quel pomeriggio nero d'inverno. Fu l'inizio di un lungo e orrendo periodo.
Ero giovane, ma non ingenuo. ancora ricordo la prima pagina di Epoca, rivista che emulava l'anericana Life, ma che aveva contenuti borghesi e benpensanti, riempita completamente dalla foto del volto di Valpreda, insonne, la barba lunga, lo sguardo terrorizzato e sotto la scritta "è lui!".
Era il mostro perfetto, anarchico, irregolare, velleitario ballerino televisivo, uno sfigato roso dall'invidia sociale, un marginale che nessuna persona perbene avrebbe osato difendere, che tutti avrebbero accettato come capro espiatorio, che non metteva in discussione l'ordine stabilito delle cose.
Ma allora a Milano c'era anche una borghesia consapevole,c'era una di queste signore di buona famiglia e di buona società che magari scriveva di bon ton sul corriere, portava un filo di perle e i capelli sempre freschi di coifeur, ma che era una giornalista, una grande giornalista (non certe isteriche morte di recente)si chiamava Camilla Cederna.
Allora lei e altri pochi non credettero alla favola lieta, non si diedero per vinti.
Si deve a lei e ai pochi ostinati se la verità per quanto depistata è venuta a galla.
Fu grazie a loro, a Camilla Cederna, a Giorgio Bocca e al direttore de il Giorno, ad Andrea Barbato sull'Unità,ad Enzo Biagi e a non nolti altri se le indagini cambiarono direzione.
Anche noi nel nostro piccolo liceo di provincia combattemmo la nostra non piccola battaglia contro la "strage di stato", contro il potere oscuro che da piazza Fontana, alla strage di Brescia, all'Italicus, alla bomba alla stazione di Bologna, tentava di bloccare il cambiamento che tanta parte della società chiedeva.
Fummo sconfitti, le speranze degli anni 60 non si concretizzarono, molti delusi risposero con le armi e con il terrorismo.
Ancora adesso paghiamo questo ritardo. Amcora adesso c'è questo fascismo strisciante, questo formidabile potere ipnotico e televisivo che addormenta e rincoglionisce, che dipinge tutto di uno stesso terreo colore e nasconde la verità e nasconde la vita... ancora è inverno, freddo e grigio

Il Pianista ha detto...

commovente ricordo caro Saint Just. Belle parole. E' proprio vero...è ancora inverno, freddo e grigio

Anonimo ha detto...

Ma come mi piace questo Saint Just....non starò diventando un poco ricchione? :-D