Ieri sera mi son pregiato di partecipare, con fatica, all'alteprima assoluta di Invictus, l'ultima opera di Clint Eastwood, che in Italia uscirà venerdi prossimo.
Mi sembra l'occasione, potendo piccarmi di anticipare i professionisti sul tempo, per interrompere il mio silenzio cinematografico che dura sul blog da quasi un anno e non certo perche non ho visto film degni in questi mesi, anzi.. Non ne sentivate la mancanza delle mie recensioni? Lo so.
Dunque Invictus è un film bello, come Clint ci ha abituato ultimamente, girato con il solito stile asciutto che sa raccontare storie e vicende umane con grande sapienza.
Mostra le vicende di Nelson Mandela e del Sud Africa post Apartheid nel periodo che intercorre tra l' elezione a Presidente di "Madiba" al giorno della finale della coppa del mondo di rugby del 1995, organizzata prorio in Sud Africa.
Un film che parla di razzismo, di paura, di rispetto e di rugby, molto rugby. Una storia vista con gli occhi principalmente di due uomini, Mandela appunto interpretato dall'ottimo Morgan Freeman e del capitano della squadra Sudafricana Fracois Pienaar interpretato da Matt Damon.
Mandela in questo sport e nella squadra degli Spingboks crede fortemente, utilizzandola come veicolo per creare ed unire il paese ancora ferito da troppi anni di odio.
Gli Springboks rappresentavano fin li il simbolo stesso dell'apartheid e in quegli anni era quasi composta da soli giocatori bianchi - escluso il mitico Chester Williams che gli appassionati si ricorderanno - e nettamente fin li dalla maggioranza di colore. Mandela non si scompose a costo di tralasciare altre situazioni politiche ed economiche all'apparenza più urgenti lavorò molto su questa idea vista come occasione unica.
Grazie alla tenacia di Mandela molte cose sarebbero cambiate ed il percorso di sport e di vita di Invictus ha rappresentato per tutti i Sudafricani un punto di riferimento che non dovrebbe mai essere dimenticato anche da noi.
Da sottolineare infine il buon realismo delle sequenze sportive, non facili parlando di rugby, troppo spesso tralasciato in altre opere del genere, e le giustose situazioni quotidiane delle guardie del corpo di Mandela per metà bianche e per metà nere che stemperano con il tempo, lavorando fianco a fianco, la diffidenza reciprica. Un passo alla volta.
Voto del Pianista 7.5
alla prossima
1 commento:
oh com'è che te vedi i film in anteprima?
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